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Wake For The Earth

Traditional Italian Egyptian Performance

Small Theater Bibliotheca Alexaandrina

         (Cairo ed Alessandria d'Egitto)

"Ant ij'eui na stòria...

                   ... la nòsta"

(Trento - Borgo Valsugana- Fratta Polesine)

 

"Se ij bogianen a bogio

... pòrca miseria!"

 

 “Se ij bogianen a bogio… pórca miseria!”... Storie di contadini e di emigranti.

Le vicende raccontate nello spettacolo condurranno il pubblico in viaggio attraverso i giochi infantili, la religiosità popolare, i canti di lavoro…le sonorità che permeavano la vita quotidiana giungendo in quella “Merica” contro cui si scontrarono le speranze dei nostri emigranti. Il racconto si sviluppa partendo dalle sonorità del quartèt, del quintèt e delle grandi  squadre da ballo, composte di soli fiati, che caratterizzavano  le quatriglie del vecchio ballo a palchetto  agli inizi del XX secolo, spaziando e ricostruendo un paesaggio sonoro inedito ed intrigante dove, per necessità, tutto diventa musica. Qui attrezzi da lavoro come vanghe, tridenti, rastrelli … si trasformano e diventano veri e propri strumenti musicali nell’interpretazione anche teatrale de I Musicanti. Domenico Torta, nel suo ruolo di testimone diretto, racconta, con musiche e canzoni della tradizione piemontese, storie vere di contadini e di emigranti, leggende mai scritte di un mondo i cui protagonisti sono i sentimenti. Musiche, storie e leggende che da anni raccoglie e registra.

 

Domenico Torta - musicante narratore

Non è un attore, ma un affabulatore  dai toni  poetici e  nostalgico-sentimentali, dotato di verve ironica e di una spontanea e coinvolgente carica espressiva.

I MUSICANTI

Il gruppo è stato fondato da Domenico Torta per testimoniare e documentare le sonorità tipiche del quintèt e delle grandi squadre da ballo (bandin) riprendendo e riproponendo parte del  repertorio già in uso alla fine dell’‘800 primi ‘900. Dal 1995 ad oggi il gruppo ha partecipato a  innumerevoli trasmissioni radio e televisive (reti private e nazionali) ed a  manifestazioni di rilievo sul territorio regionale, nazionale ed internazionale, riscuotendo, ovunque, sempre crescenti e lusinghieri consensi. I MUSICANTI  sono:  Pasquale Campera, Valerio Chiovarelli, Pier Luigi Franceschi, Enrico Frezzato, Gabriele Gariglio,   Roberto Vernero   e  Gabriele Savio . Oltre a  rappresentare la viva voce del repertorio che costituiva le quatriglie nel vecchio ballo a corda, i Musicanti sono anche gli eredi naturali e gli interpreti  spontanei di quella ben nota teatralità popolare che animava la  società rurale piemontese e ne era parte integrante. Quindi non sono solo strumentisti, ma anche attori e soprattutto i cantori di una cultura contadina ormai in rapida e progressiva estinzione.  Alcuni di loro (Campera, Chiovarelli e Frezzato) hanno anche una formazione classica mentre gli altri sono la voce spontanea di chi,  già in passato, aveva come caposaldo ed unico riferimento culturale la banda musicale del paese . I componenti del gruppo sono tutti polistrumentisti.

I MUSICANTI DI RIVA PRESSO CHIERI

 

Il gruppo dei Musicanti è stato fondato nel 1995 da Domenico Torta ed è composto da otto elementi. Primo intento della formazione è stato quello di documentare e reinterpretare i repertori da ballo propri degli ensembles tradizionali del quintèt, del bandìn e dei musicant. L’impresa ha ottenuto gli esiti proposti potendo così recuperare un universo di suoni e pratiche musicali le cui radici profonde risalgono al periodo post-unitario, epoca di principale affermazione delle formazioni bandistiche e di utilizzo delle stesse competenze musicali per finalità rituali di altro tipo e con modalità differenziate di elaborazione del linguaggio-base. Pur muovendosi con una precisa attenzione filologica, e con un rispetto profondo per il bagaglio culturale di cui si sono fatti testimoni, Domenico Torta e i Musicanti non hanno mai interrotto il loro attivo servizio, in quanto apprezzati suonatori, in seno alle comunità di appartenenza e in numerose manifestazioni festive in Italia e all’estero quale gruppo ricreativo dotato di peculiare inventiva e senso ludico, riuscendo ad evitare le costrizioni di quel manierismo che accompagna spesso le operazioni di riproposta.I Musicanti hanno raggiunto il massimo grado di elaborazione e maturità artistica con l’attività teatrale: è qui che il racconto diventa suono e il suono acquisisce la capacità di evocare il mondo della memoria. Così nasce la prima pièce: "Ant j'euj na stòria...la nòsta" - c'era una volta un mondo contadino -  che ricompone - con una variegata tavolozza di suoni - immagini e sensazioni, momenti di lavoro e festa, narrazioni leggendarie e aneddoti comuni, esperienze condivise a fianco di istanti unici e irripetibili, elementi tutti raccolti dagli autori all’interno dell’ampia messe di ricordi personali e della comunità.

Il titolo del secondo lavoro teatrale, attualmente in scena, "Se ij bogianen a bogio...pòrca miseria!" – storie di contadini e di emigranti del Piemonte – trova ispirazione nel luogo comune relativo alla scarsa mobilità dei piemontesi contenuta in questa precisa espressione ironica, in una canzone ottocentesca del celebre chansonnier piemontese Angelo Brofferio e si conclude con il rovesciamento dell’immagine, ripercorrendo la grande storia degli uomini che “fecero l’Italia”, i grandi Santi, le imponenti imprese e i coraggiosi progetti che dal nostro territorio presero l’avvio; nel mezzo si dipanano le tante piccole storie di miseria e fame che spinsero la popolazione ad allontanarsi dalle comunità rurali per cominciare una nuova esistenza nella grande città, di cui, sino ad allora, si era intravisto solo il lontano profilo,  storie che costrinsero molti ad attraversare il vasto oceano tentando la sorte, non sempre benevola, nelle nuove terre della sognata Merica. Si costruisce in questo mondo un racconto etnografico strettamente legato ad un ambiente concreto, ove lo sguardo rivolto alla tradizione attraversa sempre il filtro della contemporaneità in un gioco di confronti e combinazioni. Il risultato che ne deriva è assai composito: le conoscenze musicali e gli elementi della teatralità popolare appresi attraverso uno studio attento e rivivificati con uno spontaneo slancio non si traducono in forme vuote, ma divengono materia pulsante; la ricerca costante e la continua sperimentazione eludono la minaccia dello stereotipo, la narrazione sublima il distacco temporale, l’elasticità dei testi in unione con l’abilità degli esecutori sono motivi di grande efficacia comunicativa. La rappresentazione infine di momenti significativi della vita comunitaria attraverso fondamentali spie uditive traccia le linee di un paesaggio sonoro oggetto insieme di studio scientifico e di rinnovata pratica.     (Guido Raschieri)

 

Domenico Torta e i Musicanti di Riva presso Chieri

“Se ij bogianen a bògio…pòrcamiseria”

(Una lettura)


Sembra lasciare poco spazio a intellettualismi questo titolo dalla scorza dura. Verrebbe da rinnovare il giudizio traboccante di retorica ascoltato in un vecchio disco di promozione turistica: “Solido e testardo il Piemontese non è grazioso, non è pittoresco, ma lo sa benissimo e ha tutta l’aria di compiacersi delle sue scarpe grosse e del suo passo pesante da montanaro”. Se non avessimo l’occasione di potervi assistere potremmo credere infatti di trovarci dinanzi alla tipica calata in scena del popolaresco. Se al contrario si fosse scelto di stemperare quell’immediato sapore acre in un composto più delicato, avremmo di fronte qualcosa di profondamente inautentico. Come avrete potuto intuire non è un’impresa semplice collocare questo spettacolo, come tutta l’attività di Domenico Torta e dei Musicanti di Riva presso Chieri, in un filone già noto e classificato o ricondurlo a un modello ispiratore. C’è in ogni momento almeno un dettaglio fondamentale che sfugge e non permette l’operazione alla quale, facendo finta di nulla, volentieri mi sottraggo. Il lavoro inizia con l’enunciazione di un tema conduttore, il Paesaggio Sonoro, che inabissandosi nel racconto percorre sotterraneamente tutte le scene senza mai riaffiorare quale chiara esplicitazione. La breve citazione da una lettera dell’etnomusicologo Febo Guizzi costituisce il prologo e dichiarazione di intenti evidenziando l’esperienza di ricerca, studio e riflessione intorno al concetto che sta alla base dell’opera. Un legame inscindibile unisce infatti il momento spettacolare con l’esercizio di documentazione, attenzione all’evento sonoro e rigorosa indagine sulla pratica musicale tradizionale confluita dopo decenni di attività nel progetto in fieri del Civico Museo del Paesaggio Sonoro di Riva presso Chieri. Il teatro diventa così spazio per la comunicazione e traduzione di un’esperienza speculativa condotta con criteri di scientificità uniti a laboriosità, conoscenza diretta dei fenomeni e libertà d’azione talvolta sconosciuti alla stessa “accademia”. Il Museo del Paesaggio Sonoro non è una semplice collezione di oggetti, ma un luogo in cui è raccolta e un laboratorio con il quale si ricerca la testimonianza del rapporto con il suono nell’esperienza delle persone che Domenico e i suoi collaboratori hanno incontrato. Superando l’oggettività pur importante di ciascuno strumento musicale se ne può scoprire il doppiofondo ove si conserva la vera e vitale ricchezza.
Quest’esperienza raggiunge il suo pieno compimento sul palcoscenico, quando gli strumenti riprendono la loro funzione e forti di un racconto ridipingono il paesaggio. La miccia quasi magica che innesca il processo è essa stessa un suono, l’elementare e universale schiocco delle dita. L’immagine sinora immobile si vivifica conducendo lo spettatore – anche il più ignaro – nel quadro della festa. Sono i musicanti, quei suonatori che riuniti in specifiche formazioni di soli fiati, in primis il quintèt, animavano il bal a corda, il ballo a palchetto, il centro focale di aggregazione e svago delle comunità contadine sino alla prima metà del ‘900. Molto spesso si è portati a considerare con il termine discusso ed equivoco di “musica popolare” quanto è alieno alla musica colta, al massimo un sottoprodotto della stessa, o d’altro
canto a sollevare la prima su piedistalli altrettanto ideologici. Glissando la diatriba è innegabile che in questo caso ci troviamo dinanzi a un linguaggio di grande complessità, i cui conoscitori erano e sono oggi da considerare veri professionisti. L’operazione di recupero attuata dai Musicanti di Riva è pregevole in quanto si radica su un terreno di esperienze compiute nel vivo della tradizione e di insegnamenti acquisiti dagli ultimi depositari, operazione tanto più difficile in un momento in cui sono dilaganti i soli cascami e brutture di quel codice o si tenta altrimenti di ripercorrerne la strada senza la dovuta coscienza e correttezza. Se in questo primo esemplare ambito è esplicita una competenza specializzata, frutto tanto dell’acquisizione di elementi contestuali al mondo della banda, quanto della loro vivace e decisiva elaborazione, l’universo sonoro coinvolge l’intera società implicando a sua volta gradi di padronanza, funzioni e criteri estetici sfaccettati. Il tema del gioco dei bambini ben si presta a questo ragionamento diventando il linguaggio musicale – tra naturale disposizione e abilità appresa – costante umana. È inoltre questa capillarità del sistema espressivo a far si che compaiano spesso in scena semplici oggetti di uso quotidiano che assumono nuovo ruolo di strumenti musicali o addirittura di fiabeschi esseri viventi come nel caso del Valzer accompagnato dai rastrelli. Non si tratta tuttavia di artificio illusionistico o mero virtuosismo: malgrado sia indubbia la bravura, esso non è un “esercizio di bravura”. Il turututèla, l’arco musicale che potrebbe passare come stravagante oggetto posto in mani capaci è in realtà nipote e memore della crin-a di Barba Pino – una pala per le granaglie, una vescica di maiale, una corda – conservata insieme a altre centinaia di strumenti analoghi presso il Museo. La presenza della musica – in uno spettacolo che tuttavia non è, o non è soltanto, un concerto – giustifica e rende superfluo qualsiasi impianto scenografico. È così che il suono si fa paesaggio e nella sua facoltà evocatrice diviene medium attraverso il quale suscitare il racconto. Lungo il dipanarsi dei brani si costruisce una storia che muovendo talvolta da un ricordo episodico va a coinvolgere temi-chiave della vita dell’uomo e della comunità. Le otto persone in scena (chiamarli attori, chiamarli musicisti?) intraprendono un dialogo con i personaggi in cui si calano creando uno spazio in cui realtà e finzione si disciolgono in nuova entità. Quando compare sul palcoscenico Angelo Brofferio intonando la romanza-inno-canzone citata nel titolo non si ha la percezione di un elemento estraneo, ma di una naturale quanto illusoria presenza. Similmente quella musica che proviene da un passato acquista qui effettivamente nuova vita. Il “laboratorio artigiano” di idee dove lo spettacolo ha preso forma non è vicino alla “grande industria” volta alla mitizzazione di un altrove temporale indefinito. Non trovano posto infatti i consueti attrezzi, strumenti, tinture, né le procedure tecniche usate nel restauro di vecchi oggetti frantumati e nella frequente costruzione del nulla.
Se pertanto in quest’esperienza assistiamo alla reificazione di uno spazio interiore tracciato dai ricordi, dalle testimonianze e documenti, dalla padronanza di un formulario, e condotta con un’attenzione filologica direi istintiva, è altrettanto palpabile una vivacità non contenuta che ne previene la sclerotizzazione. Tale carattere assume ulteriore convalida nel disco Saré l'uss e buté fòra 'l gat! che fa da pari con lo spettacolo e nel quale il percorso personale e vivo nel presente di ciascun interprete conduce ad un virtuoso incrocio di idiomi, dichiaratamente altro dall’imperante contaminazione coatta. Qualcuno ha voluto vedere nei Musicanti di Riva presso Chieri dei professionisti nella comune accezione del termine, altri hanno affibbiato a Domenico Torta etichette quali carismatico, geniale, vulcanico, addirittura anarchico. Condivido quel che c’è positivo nel giudizio, ma credo che in entrambi i casi si sia compiuta una qualche stortura ora superficiale, ora di comodo, ora colpevole, e che uno sguardo attento al dietro le quinte e alla radice dell’operazione possa determinare nuove letture.       (Guido Raschieri)

REGIONE PIEMONTE

FONDAZIONE CIRCUITO TEATRALE PIEMONTE

"il teatro nelle lingue del piemonte" 2003/2004

Il Resto del Carlino - Sabato 9 luglio 2005 – Cultura e Spettacolo -

FRATTA Domani sera a Villa Badoer“Musicanti di Riva”: storia e tradizione di Sergio Garbato -

Gli strumenti sono quelli delle riunioni contadine: cucchiai, ramazze, falci, pettini riscoprono la musica.

 

Spettacolo straordinario, domani sera alle 21 a Villa Badoer di Fratta Polesine, o meglio un anticipo della prossima stagione del Festival di musica popolare “Ande bale e cante”. Sul palco, infatti, ritroveremo “I Musicanti di Riva”, il gruppo che era stato la rivelazione del festival dello scorso anno. Non si tratta, infatti, di un qualunque gruppo che rievoca e ritrova le tradizioni folcloristiche  piemontesi , ma, come è stato detto, gli eredi naturali del Nuto immortalato da Pavese ne “La luna e i falò” e di Minòt Mascherpa il mitico suonatore di basso che per anni aveva accompagnato Mario Piovano. Il gruppo è costituito da sette fiati ed una fisarmonica ed è stato fondato giusto dieci anni fa da Domenico Torta, detto Tasché, musicista, didatta e ricercatore, con l’intento di documentare e riprendere le sonorità inizio secolo proprie del “quintèt”, del “bandìn” e dei “musicant”, che con esecuzioni caratteristiche arricchite da inserimenti estemporanei costituivano la base del “ballo in cascina”. Il repertorio comprende, perciò, marcette, one-step, foxtrot, valzer, mazurke, polche, brandi, curente, beguines,  tanghi-canzoni e brani tratti da noti canti popolari. Ma i “Musicanti di Riva” sono anche attori, legati al teatro dialettale piemontese che ancora ci racconta di usi, costumi e tradizioni della cultura popolare. Così, lo spettacolo in cartellone domani sera a Fratta, “Ant j’euj na stória … la nósta”, ha come punto di riferimento un tavolo, attorno a cui si riuniva la famiglia contadina per la cena e per raccontare esperienze e storie di vita e di fatica, lavorative incontrate nell’arco della giornata. Una cultura fatta di atti quotidiani con il racconto e la musica che interagiscono.  E si parte, allora, dagli strumenti poveri e non codificati, come cucchiai, corni, ramazze, falci, setacci, per giungere alle sonorità di una “fiaba musicale” raccontata da Domenico Torta e Luciano Marocco con la regia di Stefano Quaglia.

RovigoOggi.it - 11 settembre 2011

Pubblico letteralmente in visibilio ieri sera al Censer per il concerto di Ambrogio Sparagna

e i musicanti di Riva presso Chieri per la rassegna Ande Bali e Cante

... Siedono poi ad un tavolo d’osteria quattro musicanti con le camice e le bretelle rosse, quattro fiati, che poco per volta diventano cinque, sei e poi sette. I musicanti di Riva presso Chieri sanno cosa sia il teatro, conoscono la sperimentazione sia musicale che teatrale, affrontano il monologo e lo spazio scenico con abilità. Sono sette omoni, grandi e grossi, abili musicisti, non solo di strumenti a fiato ma anche di attrezzi da lavoro, un setaccio si trasforma facilmente in un ocean, il rastrello diventa un magnifico “guiro”.
Un gruppo che rivive e costruisce in scena paesaggi sonori evocativi e poetici. Un lavoro capace di divertire per la commistione intelligente tra testo, musica e movimento. Una poetica mai scontata, che, con trovate di sapore semplice e comico teatrale, incantano facendo riaffiorare quella voglia un po’ dimenticata di riscoprire non solo le radici, ma soprattutto quelle antiche e lontane emozioni.     

               (Camilla Ferrari)

"laboratorio"

di ricerca, sperimentazione e riproposta

dei repertori vocal-strumentali e della teatralità popolare

polca n.82 -
00:0000:00
Monferrina n 37 -
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"Musicant: un linguaggio"

Analisi melodica, armonica e formale...

appunti a cura di D.Torta

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foto di: Alberto Ferrero e Domenico Pellegrino

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Video-partitura polka n.1 (esecuzione al computer)

 

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Video - "laboratorio" - prove di registrazione del repertorio dei Musicanti di Riva di fine '800 primi '900 del "Ballo a corda"

(o "ballo a cartelle" o "ballo ad entrate" ) - dal libretto manoscritto diPasquale Borla (cornettista) conservato presso il Museo delPaesaggio Sonoro (Palazzo Grosso) - le elaborazioni per i vari organici strumentali sono di Domenico Torta - le riprese audio e la concertazione sono a cura di Valerio Chiovarelli .

 

Riprese video di Domenico Pellegrino

Riprese video di Domenico Pellegrino

PENTAGRAMMA Edizioni Musicali e Discografiche Via Caraglio, 61 - Torino

CSPG 408

CSPG 408

CSPG 408

CSPG 431

CSPG 455

CSPG 455

CSPG 455

CDPG 601

CDPG 601

CDPG 601

CDPG 602

CDPG 601

Questi due CD (Compilation), che contengono 9 brani dei "Musicanti di Riva presso Chieri", sono stati distribuiti dal quotidiano LA STAMPA

FolkClub EthnoSuoni - Edizioni Musicali - Via Duomo, 3 - Casale Monferrato (AL)

Quando lo ho incontrato per la prima volta, non fu mera conoscenza, fu agnizione: e in un colpo solo mi accorsi di aver ritrovato due antichi amici, Domenico Torta e Tasché; poi mi accorsi che sono la stessa persona: Domenico il paziente, testardo, profondo ricercatore che guarda dentro di sé, dentro la sua famiglia, entro la cerchia dei suoi tanti speciali amici, fino all'orizzonte della sua terra e vi scova un mondo di suoni grande come il mondo degli uomini, operoso come ogni risposta sapiente ai bisogni umani, minuzioso come la competenza del fare e l'ispirazione del desiderare, concreto come le idee, astratto come le forme dei gesti esperti; e di tutto ne ha fatto, tra l'altro, niente meno che un Museo; e poi Tasché l'ironico, testardo e vulcanico musicista-musicologo che non frena il suo magma passionale di inventore-creatore-compositore  ma lo libera entro una forte e asprigna critica intellettuale che grattugia ironicamente le sue pulsioni e le rimescola a pioggia sul vecchio e sul nuovo, che sbertuccia le mode cialtrone e reinventa una raffinatissima scena

musicale più tradizionale, più moderna, più leggera, più solida, più piemontese, più irlandese, più intelligente, di tanto stanco e supponente strimpellìo traditional, comunque di ogni revival sedicente tale e di ogni folklorismo insabottato o arcigno, digrignante o imbellettato che sia o che sbuca di qua e di là, magari ammicca alla Cultura e all'Accademia, ma resta impigliato irrimediabilmente nella sottocultura.

Pazienza e ironia, due modelli di cultura e di comportamento (che imparai ad amare da un bel film della gioventù ambiziosa), ritrovati nella pratica e nel magistero di un quasi coetaneo di maturità, maturo abbastanza per giocare in modo profondo. Due valori, fusi insieme da una terza matrice di cultura, l'operosità, ritrovati nel Paesaggio Sonoro di Riva presso Chieri al quale Domenico mi ha consentito di aderire, e che sono riproposti in modo struggente e pacato, irresistibilmente pacato, in questo lavoro. Concept album, diario e poema sinfonico nello stesso tempo, che su una traccia appena sufficiente a dar conto di sé stessa, per la sua discrezione, dipana una massa impressionante di esperienze, di conoscenze, di messaggi, di linguaggi, di situazioni, di pulsioni, che solo il lavoro artistico sa produrre: si gioca con il virtuosismo e con i suoni primari, si scherza sull'Irlanda sognata e allusa, per riproporla meglio e in modo più genuino di tanta "Mickey Mouse music", come definiva l'Irish folk sbracato e parossistico di oggi uno che se ne intendeva (Ewan MacCall), si rivisita la commozione di Sinigaglia di fronte ai tesori popolari mescolandola con la sapiente sfrondatura dello stereotipo liederistico, si traccia un quadro storico del cambiamento giocando con la nostalgia ma mostrando di sapere dire di più sull'emigrazione, la solitudine e la fatica e la rabbia di vivere di quanto si sforzino di fare tanti saggi concettosi. E tante altre cose, dominate da raro e autentico buon gusto.

Bravo Domenico, grazie Tasché.

                                                                                                                                                                   Febo Guizzi

Recensione del CD "Saré l'uss e buté fòra 'l gat" - Domenico Torta e I Musicanti di Riva presso Chieri -Da: "Il giornale della musica" - ANNO XXIV, N.249 / giugno 2008

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